Esempi di Amore in azione, Servizi, Note di meditazione

Suor Giuseppina De Muro FdC

 

Suor Giuseppina (al secolo Rosina) De Muro nacque a Lanusei (NU), il 2 novembre 1903. Dal 31 dicembre 1925, amò e servì le persone detenute nelle Carceri dette “Le Nuove” di Torino. Nel 1942 venne nominata Suor Servente della Comunità delle Figlie della Carità.

 

Suor De Muro si dimostrò autorevole, forte e audace, in particolare durante la Seconda Guerra Mondiale nel periodo dell’occupazione nazista.
Di lei si sottolineò la carità generosa, l’intelligenza delle iniziative, l’energia morale, l’infaticabile attività, l’esempio luminoso per tutti coloro che credono nella giustizia, nel rispetto vicendevole, nella riconciliazione come via alla pace. e nella forza dell’amore.

 

Suor Giuseppina, donna responsabile e suora solidale con i prigionieri puniti ingiustamente, fu protagonista di alcuni fra i più significativi avvenimenti della storia bellica di Torino. Ella si recò di persona dal prefetto Zerbino per ottenere la scarcerazione di oltre 500 detenuti politici detenuti alle Nuove, sfidando la morte a causa dei cecchini che sparavano ai passanti dai tetti delle case semidistrutte dai bombardamenti.  Il tutto avvenne senza spargimento di sangue.

 

Suor Giuseppina era già riuscita anche a revocare l’esecuzione capitale di un padre di famiglia condannato a morte per motivi politici, e a sottrarre alle SS un bambino di appena nove mesi, nascosto in un fagotto di lenzuola sporche e portato via dal carcere. Ancora, riuscì a far liberare, con scaltra intelligenza, due coniugi ebrei in fuga dalle persecuzioni razziali. Quest’ultimo gesto viene ancora oggi ricordato dai due figli degli interessati.
Una giovane ebrea si salvo perché, per interessamento di suor Giuseppina, venne trattenuta in carcere anziché essere deportata in un lager tedesco e ciò grazie all’applicazione alla lettera del Regolamento penitenziario del 1931 che prescriveva il trasferimento di un detenuto solo laddove si conoscesse prima e con esattezza il luogo di destinazione. Ella non solo si occupò degli ebrei in carcere, ma sostenne tutta la Comunità Ebraica torinese.

 

 

La Superiora, inoltre, usava inserire uova sode sbriciolate nelle scatole di medicinali per portarle ai detenuti politici del primo braccio tedesco o trasmettere di nascosto notizie dei familiari ai prigionieri o, ancora, consolare le madri che, arrivate per un colloquio con i loro figli, scoprivano che gli stessi erano stati fucilati al Martinetto. Sapeva, poi, consigliare sul modo migliore di adattarsi alla vita penitenziaria ed al regime intramurario imposto dalle SS. Ricorreva a sotterfugi – come lo scambio di lastre e di altri referti medici, grazie alla complicità del dottore in carica -, per trasferire in infermeria detenuti politici al fine di offrire loro un trattamento meno disumano.

 

Nel Natale del 1944, fu lei a chiedere al maresciallo Siegl, comandante SS, di far celebrare la Santa Messa al cappellano del carcere, p. Ruggero, cui era negato l’accesso al primo braccio. Suor Giuseppina, al momento della scarcerazione delle milizie tedesche che comandavano il famigerato primo braccio, si ricordò della loro disponibilità espressa durante gli anni 1943-1945 e diede loro abiti civili per potersi salvare da eventuali vendette sommarie.

 

Suor Giuseppina, sin dal 1926, si dedicò allo studio, imparando a suonare l’armonium, a fare della musica uno strumento di gioia, di liberazione dal male e di crescita interiore per le sue carcerate.

 

 

Fino al 1965, anno della sua morte, si impegnò per l’integrale promozione delle persone detenute. Vennero realizzati, infatti, l’Asilo Nido per i bambini da zero a tre anni, allevati con le loro madri che espiavano la pena; la scuola per imparare a leggere, scrivere e fare conti; i corsi di rattoppo, di stireria, di maglieria, per detenuti che non avevano avuto la possibilità di imparare a suo tempo niente di tutto questo.

Anche grazie a lei si arrivò al rinnovamento delle celle, per renderle più rispettose della dignità di coloro che vi venivano rinchiusi.

 

Venne aperta la “Casa del Cuore” per le detenute senza dimora, con difficoltà economiche, e magari con figli minorenni.

Colpita ripetutamente da ictus dovette lasciare le Carceri per Pallanza, sul Lago Maggiore, per essere curata.  Aggravandosi la sua condizione, ella stessa chiese di essere riportata alle Nuove, dove voleva morire e la Suor Servente du2019allora, suor Aprà, du2019accordo con suor Visitatrice, organizzò il viaggio. Le Consorelle ancora ricordano lu2019espressione del viso di suor Giuseppina allu2019apertura degli sportelli dellu2019ambulanza, nel cortile delle Carceri: felicità e beatitudine le illuminavano il sorriso.

Ella morì due giorni dopo, il 22 ottobre 1965.
Il funerale fu celebrato dallu2019Arcivescovo di Torino, il Card. Fossati. Ancora si ricorda il pianto sfrenato dello stesso Cardinale, in ginocchio, chinato sulla bara di suor De Muro. Ella venne inumata nella tomba dei Superiori, allora scelta inusuale, ma molto significativa.

Questa città l’ha così ricordata il giorno della sua commemorazione:

“Suor Giuseppina, insignita della Medaglia d’Oro al merito della redenzione nel 1955 e della Mimosa d’Oro nel 1962 dall’Unione Donne Italiane aveva un grande cuore di donna che sapeva mettere in atto i precetti del Vangelo con spirito di carità e sapeva donarsi senza mai far pesare e senza mai sottolineare l’opera compiuta”.

Per lei, che ricevette il premio della Fascia Tricolore, è in atto la pratica per essere riconosciuta u201cGiusta tra le nazioniu201d dal Centro Ebraico di Gerusalemme, evidente prova del suo amore senza confini, senza pregiudizi, senza tessera o colore, ma solo vera, dolce e forte Carità.

 

A Torino, nel 1976, le fu intitolata la Scuola d’Infanzia in via M. Lessona 70. La promosse Giovanni Dolino, Consigliere comunale considerato tra i protagonisti della vita politica di pochi decenni fa, grande innovatore nella scuola: lu2019introduzione del u201ctempo pienou201d, così come dellu2019Estate Ragazzi si deve a lui.

 

Due nipoti ricordano la zia suora:

 

“Avevi poco più di vent’anni quando sei giunta a Torino ed hai incontrato la sofferenza umana, affrontandola dalla porta maestra… A che cosa pensavi, e a chi; quale solitudine, quale umanità ti ha donato il coraggio che ti ha condotta fino a quei gesti? So che ci ascolti, abbracciaci e aiutaci anche adesso”.

 

“Era per me una gioia entrare nel suo ufficio, rivestito di legno, profumato di pulito e sempre ingentilito da un vasetto di fiori, e per lei motivo di orgoglio era mostrarci, incassata nel muro, la radio dono di non so chi. E c’erano il nido, la cappella, la lavanderia e il piccolo orto con le erbette… Anche nella malattia le sono stata vicina. Quell’ ultima sera di agonia, con la mia mano presa, gli occhi rivolti al quadro di san Giuseppe, mi tirava il maglione a collo alto, quasi pensasse che anch’io non respirassi o quasi volesse comunicarmi che lei non respirava. Lu2019ho accompagnata in chiesa e al cimitero, ma ora il suo ricordo accompagna me”.

 

L’Arcivescovo di Torino
Torino, 6 marzo 1976

Reverendissimo Padre Ruggero,
la prego dì portare la mia cordiale adesione alla cerimonia di inaugurazione della Scuola Materna Municipale u201cSuor Giuseppina De Muro u201c.
Aver dato il nome dì questa suora ad un istituto di educazione per i bambini della nostra città è un giusto riconoscimento dei meriti di una persona sulla quale nessuno meglio di Lei può testimoniare: la carità generosa, l’intelligenza delle sue iniziative, l’energia morale e l’infaticabile attività di Suor Giuseppina. Il suo nome può ben figurare tra quelli a cui Torino deve ammirazione e gratitudine, mentre la sua personalità religiosa e umana è ancor oggi di esempio a quanti credono sinceramente nella giustizia e nellu2019amore tra gli uomini.

Rinnovando il mio vivo apprezzamento per il lavoro che svolge tra i nostri fratelli carcerati, a cui La prego di portare il mio cordiale saluto, Le sono fraternamente nel Signore

+ Michele Card. Pellegrino, arcivescovo

 

 

Figlie della Carità | Storie di Carità | Suor De Muro FdC